E questo chi è.
Il mio parrucchiere.
Come si chiama.
Massimiliano detto Massimo.
Come si chiama il negozio.
I Ribelli.
Quanto tempo è che vado da lui.
Parecchio. Lui era ragazzino e io ero una giovane signora.
Che cosa fa lui.
Il creativo.
Che cosa fa della mia testa.
Quello che gli pare.
Gli sono fedele.
Quasi del tutto. L’ho tradito un numero di volte che si contano sulle dita di una mano, sapete, quelle che si chiamano avventure senza domani e mai per una cosa seria. Sempre cosette, un po’ di colore una volta che volevo fare l’esperienza del coiffeur in Francia, una pettinatura diversa in estate.
Ogni quanto andavo da lui prima del confinamento.
Ogni quindici giorni, sempre il martedì, sempre alla medesima ora, prendendo gli appuntamenti anche con mesi di anticipo nei periodi caldi, sotto Natale, la settimana di Pasqua, prima e dopo la chiusura estiva. La sua. La mia era sempre subordinata ai suoi ritmi, una volta ho spostato una conferenza a un festival in agosto perché dovevo andare da lui.
Quando l’organizzatore mi chiese il motivo della mia capriola e glielo riferii, mi guardò interdetto. Lo rimisi al suo posto dicendogli che non capiva niente delle donne.
Di che parliamo con lui. Anche di cose molto private. Sentimentalmente gelido, gran frequentatore di locali di divertimento, vacanze alla moda, tatuatori, palestre, mi ha raccontato cose che non ho mai letto in nessuno dei romanzi che leggo.
Che c’è fra me e lui.
Un rapporto complesso: lui mi fa i capelli; io gli ho sistemato la punteggiatura e l’ortografia del testo del tatuaggio che ha lungo il braccio sinistro; gli ho ordinato per un periodo i colori dall’Inghilterra, così ha potuto fare alle clienti i capelli rosa e pure quelli blu e dalla ditta ancora mi scrivono.
Perché sta qui.
Perché ho sentito la sua mancanza. Infatti questo articolo sta nella sezione Tutti i sentimenti.
E stavolta come è andata.
È andata che gli ho mandato due WhatsApp durante il confinamento.
È andata che lui mi ha detto ti faccio sapere.
È andata che mi ha detto lascia perdere WhatsApp e guarda su Instagram e nelle Storie.
È andata che quattro giorni fa lui ha scritto dalle 13:00 di sabato prendo gli appuntamenti dal negozio.
Ed è stato così che oggi, sabato, ho organizzato tutta la mia giornata in tal senso e che alle 12:59 ho formato la prima volta il numero.
Ho rifatto tentativi per ventisei minuti, poca roba in confronto a quando telefonavo alla Scala o al Comunale di Ferrara per avere i biglietti e passavo anche quattro o cinque ore rifacendo con i tasti il numero della biglietteria.
Chiarisco che a un certo punto trovavo la linea libera e trovavo i biglietti e che il senso di trionfo era il medesimo che ho provato oggi.
Quando ho parlato prima col ragazzo, che mi ha detto «Aspetta che ti passo Massimo» e io mi sono commossa e un po’, pure se è gelido, si è commosso pure lui e mi ha fatto scegliere, scegliere, si fa per dire, era quasi tutto pieno, ma, insomma, abbiamo stabilito il giorno e l’orario.
E allora la settimana prossima torno da lui e lui mi fa un taglio fantastico e quando quelli ai quali ho chiesto che ti manca durante il confinamento mi hanno risposto il mare, la montagna, la degustazione di vini, l’aperitivo con gli amici, la mamma lontana, la spesa al supermercato il sabato mattina con il mio compagno, il calcio e tutta quell’altra montagna di cose che a me sembravano scemenze, io, con la sicura fede che canta pure Madama Butterfly, pensavo fra me e me e qualche volta dicevo pure: «A me manca il mio parrucchiere».