…la sua mano sinistra che afferrava la bottiglia d’acqua, la sua mano destra che svitava il tappo.
Adeline Dieudonné, Chelly, nella Raccolta di racconti «13 a tavola», pronta per il 2020
Credo di essere sopravvissuta alle interminabili riunioni nella stanza della Direzione in Accademia solo perché passavo il tempo guardando le mani dei colleghi.
Dei colleghi uomini, perché le mani delle colleghe donne avevano un differente impatto sulla mia fantasia.
1. Le mani del Direttore: eleganti, da intellettuale, esperte di origami, di cui vedevo i risultati
2. Le mani dell’artista, mobili, eloquenti, con all’anulare una fascetta in argento un po’ alta, che stava lì dall’altra parte della fede nuziale. Negli uomini non apprezzo nessun gioiello oltre a un orologio rigoroso e di pregio. Forse posso fare un’eccezione per dei braccialetti. Talvolta
3. Le mani del ghiottone, paffute, un po’ disarticolate, che volteggiavano nell’aria
4. Le mani dell’altro intellettuale, più asciutte, forse nodose, mi accorgo che non me le ricordo
5. Le mani dell’artista dei fumetti, lui sembrava Nettuno, avrebbero potuto benissimo impugnare un tridente
Alle donne piacciono le mani degli uomini.
Le capisco e sono pure d’accordo.