CORONA BLUES, 16: L’ARTE CONFINATA

Sono una persona adulta.
Ho molta esperienza.
Non ho nessun problema a parlare in pubblico, anzi, è una cosa che amo fare.
Capisco quelli che si sentono morire, ma io non mi sento morire, anzi.
Quando parlo in pubblico sono nel mio vero elemento.
Sono accurata, aggiornata, attenta ai dettagli, sono una sentimentale ma professionalmente non sono divorata dai sentimenti.
E professionalmente non ho paura di niente.
Credo in quello che faccio e mi piace farlo.
Da che ho memoria, studio tutti i giorni.
Mi sembra normale: il pianista suona; l’atleta si allena.
Io studio.

Eppure ieri, alle 16:30, ovvero un’ora prima della mia prima lezione on line, ho pensato ecco, questo è il trac, mi sento male, perché mi sento male, che ne so, e se non mi ricordo la sequenza, eppure l’abbiamo simulata cento volte e ho anche preso appunti, e se il mio fedelissimo computer mi tradisce, e se salta la corrente, e se il microfono non funziona.

E se non c’è nessuno dall’altra parte.

L’incubo di chi parla in pubblico.

E se non c’è nessuno che ha voglia di sentirmi.
Non scherziamo, su, su, questa è una carriera costruita in anni e anni di relazioni, di presenza, di fiducia, di risposte, di scambi.
Sì, ma può pure andare tutto storto.
Non andrà tutto storto.
La mattina ho sentito Virgilio, il mio Angelo custode informatico.
Mai nome fu più lungimirante, mi guida da anni, non mi ha mai abbandonata una sola volta, quando aveva il negozio qui vicino, mi ricordo che io entrai dentro portando a fatica il mio computer, che aveva bisogno di assistenza, e che lui, di corsa, uscì da dietro il banco e mi venne incontro, me lo tolse letteralmente dalle mani.
Lui sapeva quanto era pesante.
(Non era un portatile. Del resto non ho un portatile nemmeno adesso. Ho un computer serio, che ha preso possesso della mia scrivania e io, il possesso, gliel’ho lasciato prendere).
Come fai a scordarti uno slancio del genere.
Come posso scordarmi le infinite gentilezze che mi ha usato Virgilio.
Una volta avevo un problema con la stampante.
Il fatto è che era sabato.
Lui è venuto a casa mia e, tutto ben vestito perché aveva una cena, il sabato sera mi ha sistemato la stampante.
Cioè lui è stato nel mio studio un sabato sera vestito elegante un paio di ore prima di andare dai suoi ospiti per rimettere tutto a posto perché sapeva che la stampante mi serviva per stampare la domenica.
È proprio vero che il cuore si riconosce nei dettagli.
Virgilio, grazie.
Per l’intelligenza, la pazienza, la tenacia, il calore, il risolviamo tutto, il conta su di me, il ci colleghiamo e vediamo subito.

Ore 17:00. Sicuramente avrò un problema di voce. Non avrò la voce sufficiente per parlare.
Balle.
Mi scocci.
Cioè. Io scoccio me stessa.
Una cosa cretina, pure un cretino lo capisce.

«Il» mitra

È tutto pronto, si sono iscritti in tanti, mi sembra di essere tornata ai primi tempi della professione, facevo visite guidate per tutti, veniva gente così diversa, signore, signori, signorine, professionisti, ragazzini, pensionati, commercianti, mi ricordo il salumiere, un uomo grande e grosso, che non si perdeva mai un appuntamento e mi diceva sempre che l’arte gli aveva cambiato la vita, lui, per esempio, prima di conoscermi, pensava che il mitra fosse solo quello con cui si spara, poi con me aveva scoperto la mitra, quella del papa e del vescovo.

«La» mitra

Quando mi viene lo sconforto, penso al salumiere, cui l’arte ha cambiato la vita.

Esattamente quello che credo io.
Esattamente il senso di quello che faccio.
Esattamente quello che mi è successo.

E, se non ti cambia la vita l’arte.

Ore 17:15. Uscirò di testa.
No, di testa non esci. Stai benissimo, funzionerà tutto bene.
Ore 17:25. Ho deciso di cominciare cinque minuti prima per avere il tempo di far fronte a eventuali imprevisti.
Mi siedo (come se non mi ci fossi seduta mai) al mio computer.
D’accordo, ci stavo seduta davanti pure dieci minuti fa, ma ora è diverso.
Faccio quello che devo fare: lancio Zoom, la piattaforma sulla quale ci incontriamo.
(Penso a chi vorrei davvero incontrare. Penso al concetto di piattaforma. A come una volta, in uno scambio che pensavo finale, io dissi che la piattaforma mi sembrava un luogo asfittico e il mio interlocutore mi rispose, no, è una base di lancio. Interlocutore, avevi ragione).

Ore 17:25. Clicco il pulsante blu: Start Meeting.
Clicco Join Audio.
La schermata mi dice che ho cominciato a usare l’audio del mio computer.
Clicco Unmute.
Come da istruzioni e da sequenza, ripetuta cento volte.
E l’incontro comincia.

Ore 17:26. Squilla il telefono. Virgilio mi chiama e mi dice che tutto funziona e che lui, dal computer suo, vede lo schermo del computer mio.
In quattro minuti, un tempo eterno, si aggiungono mano a mano le persone invitate.
Tante.
Che stanno da tutte le parti.
Persone con le quali mi sono incontrata, intesa, capita, aperta, espressa, oppure solo sfiorata.
La barra di Zoom mi dice quanti sono e chi sono.
Mi salutano: Flaminia, Salvatore, Capucine, Roberta mi segnala che è con un bambino, chiedo di che età, cinque mesi, bene, allora posso parlare di quello che mi pare.
Manuela, che abita sotto a me, mi dirà che l’arte è confinata, eppure confinante.

Come sto. Benissimo. Galleggio nell’aria.
Ma non ti sentivi male.
Chi, io.
Guarda che ti sbagli.

Adulti, giovanissimi, persone che frequentano i miei corsi, studenti, curiosi che si affacciano.
C’è pure Virgilio, che ringrazio.
Minimo.
Come direbbero quelli che vanno a scuola.
Anche se a scuola ci andiamo tutti.

Mi è passato il trac, come da copione. Sto in voce. Non si è inceppato niente. Il mio computer va come deve andare.
Nella meraviglia del mondo nuovo, confinato eppure senza confini, noi ci incontriamo nel nome dell’arte.

Quando è finita, mi apro una bottiglia e scrivo a tutti.
Ringrazio e do loro un altro appuntamento.
Rispondo a qualche messaggio e a qualche telefonata.

Come sempre dopo una lezione, la sera fatico ad addormentarmi. Sono su di giri e, per dormire, devo scendere.
Anzi, meglio, mi sveglio a metà notte e, come sempre di notte, ho le idee chiare.
Decido un programma.
Decido il tema di tutti i nostri prossimi appuntamenti.
Domani mattina, oggi, mando una mail e faccio un post.

Intanto, grazie a tutti.
Soprattutto, grazie a Virgilio, senza il quale starei qui a dialogare con il mio computer da sola.
Non è che mi dispiaccia.
Però, poi, insieme, è più bello.

2 Comments

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  1. Non ho partecipato e me ne rammarico spero per lunedì prossimo

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