L’Air du Temps (page 2 of 15)

L’Air du Temps è un profumo storico ancora esistente. Esso è frutto di una Maison senza la quale la moda, e nemmeno il mondo, sarebbero gli stessi. Il nome, tradotto, significa «L’aria del tempo». E intendo inserire qui gli articoli che dell’aria del tempo si occupano: tecnologia; amori con i diverticoli, ovvero intestinali, sensibili e dolenti; oppure amori asmatici, ovvero che procedono per attacchi e a intermittenza. E poi tutto il resto.

DEL MAGLIONE DI PIA

Jazz jumper, anni ’20

Giorni fa mi è successa una cosa bella e allora ho deciso, per ricordarmela, di farmi un regalo che mi restasse.
Cioè, niente creme, niente profumo, niente vino, i regali che mi faccio di solito.
Quelli finiscono, mica restano.
Ho lasciato fare al Caso.
Io sono una che ama decidere e che decide in fretta, però questo è un periodo in cui da decidere c’è poco o niente, quindi ho pensato di andare a vedere che cosa c’era dall’altra parte dello specchio, quando a decidere non sono io.
Se voi fate caso al Caso, vi accorgerete che vi arrivano a raffica suggerimenti: che incontri fare, che libri leggere, che film vedere, che bottiglia aprire, da che parte girare quando uscite dal portone del vostro palazzo, se a destra o a sinistra.
Ed è stato così che mi è saltato agli occhi il Pia’s jumper.
Ora vi racconto.

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LA DOMENICA DELLA ROSA GALLICA

Rosa Gallica

Rosa gallica. Arbusto, a foglia caduca. Fioritura: VI-VIII. Altezza: m 1-1,85
Originaria dell’Europa centrale e meridionale. È una R. antichissima, capostipite di molti ibridi, che ha giocato un ruolo importante nella creazione delle R. moderne…
Ippolito Pizzetti, Enciclopedia dei Fiori e del Giardino, 1998

Rosa Gallica Officinalis. Peggio delle logopediste, chissà poi perché tutte donne, ci sono solo gli psicologici, questi, di genere misto.
Ma, almeno, dallo psicologo non ti ci manda nessuno, ci vai da solo in un momento di confusione, che lui, svelto, ti accentua.

Rosa Gallica Officinalis

Dalla logopedista, no, ti ci manda il foniatra, quando non sa più che pesci prendere e quando già ti ha dato il cortisone e l’integratore (da cui la rosa officinale, dunque, anch’essa farmaceutica).
Lui pensa proviamo pure questa ed eccoti infilato in un guaio.
Ed è stato così che un paio di giorni fa mi sono sentita dire che potevo pure continuare la mia vita sociale con gli aperitivi, a patto di berli non alcolici.
Lì ho dovuto chiarire che a. non faccio vita sociale; b. l’unica cosa interessante dell’aperitivo è l’alcol.
È evidente che dopo questa mia uscita il colloquio con la logopedista è stato tutto un capitombolo, con divieti, proibizioni, prospettive che più deprimenti non si può, voi non sapete quanto può essere noiosa questa categoria di gente, che torture può inventarsi, secondo me questi dovrebbero leggere più romanzi (ammesso che ne leggano qualcuno) e vedere qualche  bel film.
Capirebbero, almeno un po’, come si sta al mondo e come aiutare il paziente.
Che poi dovrebbe essere, questo, il motivo per cui stanno lì, si impancano e danno consigli.
Del resto, se una persona la prima volta che mi vede pensa che io sia una vita sociale e aperitivi, non è che sia un campione di intuizione, pure il parrucchiere, quando è bravo, capisce in dieci secondi fin dove arrivare con la nuova cliente, se rimanere conforme o uscire di testa.

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DESIDERIO AL DESIDERIO

Tel-Aviv, anni ’30-’40

ISRAELE È ATTUALMENTE CHIUSO PER I (sic) STRANIERI

Sito della EL AL, compagnia di bandiera di Israele, novembre 2021

La signorina non le manda a dire.
chagallantonella Che costume da truzza
carlottavagnoli @chagallantonella non sai quanto vorrei che tu potessi guardarmi ora, mentre indico la vastità del cazzo che me ne frega.

charlypal98 “Lo spazio ed il tempo”??? Ma come scrive?
carlottavagnoli @charlypal98 tendenzialmente come cazzo mi pare.

(Notare la presenza sempre del punto fermo alla fine della frase).
C’è una generazione di donne, ma forse sono più di una generazione, diciamo che sono donne fra i trenta e i quarant’anni, che abbraccia uno stile espressivo aggressivo e disinvolto, che si mostra molto, come sempre fanno le donne, che ha molti tatuaggi, che pubblica molte foto di sé in biancheria intima, costume da bagno, durante servizi fotografici, insomma, scatti in cui il corpo deve vedersi.
Sono arrabbiate.
E come sempre accade con tutti gli arrabbiati, non si capisce mai del tutto con chi e con che cosa ce l’hanno.

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LA DOUDOUNE

Saint-Sever, Manufacture de Plumes et Duvets

Furba.
La lineetta del gallio segna 38,4 a tre giorni dalla partenza.
Il tutto dopo più di un mese trascorso in reclusione, parlando niente, poco o male, aspettando che la voce tornasse e si mettesse a posto.
Il corpo, quello di cui discorrono sempre coloro che si sono messi in fase con l’universo, che hanno fiducia nel loro cammino di illuminazione interiore, che hanno deciso di rallentare, di vivere in piena coscienza, meditando e mangiando sano, diventando, già che ci sono, astemi e, con un po’ di buona volontà, pure santi, insomma, il corpo, per me rappresentato dal termometro che mi bolliva in mano, aveva un suo punto di vista.
«Ci vai tu, a sbatterti fra macchina, aerei e treni; a farti a piedi quindici chilometri al giorno di passaggi sotterranei della metropolitana; a dormire nell’albergo del decoratore inglese; a vedere mostre e musei con l’obbligo di osservare tutte le disposizioni sanitarie; a passare in rassegna bar à cocktail, bistrot, ristoranti; a scapicollarti in quella fila di negozi che hai messo uno dopo l’altro insieme alla lista acquisti. Io faccio altro. E sai che faccio: mangio e dormo, poi dormo e mangio e quando ho finito di mangiare e di dormire, ricomincio a dormire e a mangiare».

Mi arrendo.

Cancello tutto e aspetto di sfebbrare.
E mentre aspetto, controllo febbrilmente la mia Home di Instagram, a scorrere la quale si sarebbe detto che tutto il mondo dormiva nel mio albergo, visitava le mie mostre, mandava giù il mio cocktail, beveva il mio vino, mangiava nel mio piatto.

Furba.

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LO SCHELETRO NELL’ARMADIO

Tim Burton, La Sposa Cadavere, 2005

ELVIRA Mio tesoro!
LEPORELLO Mia Venere!
ELV.  Son per voi tutta foco
LEP. Io tutto cenere

Wolfgang Amadeus Mozart – Lorenzo Da Ponte, Don Giovanni, Atto II, Scena III

Ieri sono andata a portare le lenzuola da stirare alla signora Anna della lavanderia e ho trovato la saracinesca calata.
Sopra, un foglio scritto a mano, che diceva che avrebbero aperto nel pomeriggio.
Quando sono ripassata, lei mi ha detto che la mattina c’era stato il funerale della suocera.
Cominciamo a mettere sul nostro tavolo alcune carte.
La suocera della signora Anna è morta all’età di centodue anni, non si alzava dal letto da un pezzo e non ragionava più.
L’abnegazione della nuora, che l’ha assistita e organizzata in tutto e per tutto per anni, si è spinta fino ad andare ad abitare due mesi fa nel medesimo appartamento, che poi, per inciso, è di sua proprietà.
Di proprietà di Anna.
Questo trasloco, che io non ho capito fino in fondo sebbene me lo sia fatta spiegare, ha comportato la coabitazione con il corpo della defunta, durata tre giorni.
Io sarei andata a stare in albergo.
La signora Anna mi ha detto che ha aperto le finestre, ha chiuso la porta e che ogni tanto guardava la lama di luce che passava dalla soglia: la lampada del tavolino da notte era accesa perennemente.
Io mi sono già occupata qui dell’umanissimo tema della morte.
Oggi voglio andare oltre e provo a riflettere con voi su alcune pratiche nostre, contemporanee, che mi lasciano perplessa, come se la nostra società, stranita e in punto di svolta, non avesse affatto le idee chiare su parecchi argomenti.

Statemi a sentire.

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DIMMI QUEL CHE MANGI

Lili Barbery, Pimp my Breakfast

Rieuse, m’apporta des tartines de beurre, / Du jambon tiède, dans un plat colorié / Du jambon rose et blanc parfumé d’une gousse  / d’ail, – et m’emplit la chope immense, avec sa mousse / Que dorait un rayon de soleil arriéré

Sorridente, mi portò delle tartine di burro, / Del prosciutto tiepido, in un piatto colorato / Del prosciutto rosa e bianco profumato di uno spicchio / d’aglio, – e mi riempì il boccale immenso, con la sua schiuma / Che  un raggio di sole tardivo indorava

Arthur Rimbaud, Au cabaret-vert, cinq heures du soir (Alla locanda verde, alle cinque della sera)

Il quiz.
Indovinate che cosa sono queste tre diete.

  1. Colazione: pudding di semi di chia (1 porzione)
    Pranzo: insalata di polpo + carciofi + 1 frutto
    Cena: pesce al forno + bieta all’agro, olio evo + 1 frutto
    Spuntini: noci, pistacchi e mandorle, parmigiano, rotolini di pancetta con formaggio
  2. Colazione: muesli + yogurt magro + frutta fresca
    Pranzo: zuppa di lenticchie con quinoa + 2 fette di pane + una
    porzione di verdura + 1 frutto
    Cena: calamari in umido + insalata
    Spuntini: 150 gr di yogurt greco senza grassi + frutta
  3. Colazione: tè con cinque fette biscottate + 1 frutto
    Pranzo: gr 70 di pasta con sugo di pomodoro e basilico + gr 100 di formaggio (parmigiano o emmenthal) + 1 frutto
    Cena: carne (manzo, pollo, maiale) ai ferri; oppure pesce; oppure uova, anche in omelette bella baveuse, in numero di tre, disfatte e non sbattute; verdura stufata; 1 frutto
    Oppure, a capriccio: pizza, patatine fritte, salumi
    Pane a piacere
    Sono consentiti olio e burro
    Mai cibi 0% grassi
    Niente dolci
    Niente spuntini
    Mai superalcolici (con l’eccezione di un cocktail quando la situazione è sufficientemente letteraria o cinematografica per consigliarlo)
    Vino solo dopo le 18:00

Bravi.
La dieta n° 1 è la chetogenica, basata sul principio che per sottrarre grasso all’organismo, quindi per dimagrire, devi indurlo a consumare i grassi che già hai in corpo. Quindi, niente carboiadrati, ovvero niente pane e niente pasta; pochissima frutta.
La dieta n° 2 è la Weight Watchers, che comporta l’attribuzione di punti a ogni alimento che ingerisci, riunioni settimanali peggio degli Alcolisti Anonimi, calcoli continui.
Anche se non ti affama.
In effetti, nessuna dieta dovrebbe affamarti.
«Il nome DIETA deriva da una parola greca che significava ‘modo di vivere’ e nella medicina antica indicava quello che oggi si chiama stile di vita, vale a dire l’insieme di alimentazione, attività fisica, riposo, adatto a mantenere lo stato di salute».

Ah. La dieta numero 3 è quella che seguo io.
Che non faccio nessuna dieta, ma non mangio mai fuori pasto perché altrimenti mi passa l’appetito, non mangio dolci perché i dolci non mi interessano.
Alcolici: chissà com’è che non compaiono nelle diete 1, 2, forse perché apportano calorie, forse perché sono proibiti, come in ospedale e se tu domandi il perché a quello che ti serve la cena non ti sa rispondere.
Secondo me perché siamo al mondo per soffrire e la vita è una valle di lacrime.
Resta che io mi scelgo sempre e solo medici non astemi, uno è pure sommelier, e tutti tendenzialmente edonisti e disposti a farsi, e a farmi, tutte le concessioni possibili.

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SULLA PELLE

Faccio attenzione a posare sul mondo uno sguardo d’artista, questo mi permette di trascendere il banale, di renderlo bello.
Ciò presuppone di essere attenti e sensibili quando si cammina, quando si cucina, e là, allora, tutto può diventare ispirazione

Golshifteh  Farahani, attrice

Avevo visto passando in macchina il fornaio di via Fabio Numerio, illuminato a festa come una baracchetta della fiera.
Ci sono andata stamattina.
L’odore dentro era buono.
Non avevano le rosette. La ragazza, straniera, mi ha detto che avevano le tartarughe.
Secondo me le tartarughe già sono delle rosette pervertite e non le compro mai perché mi infastidiscono.
Quelle, poi, erano tartarughe fatte come i panini da hamburger, larghe e basse, con la parte superiore lavorata a quadratini.
Ho chiesto se avevano finito le rosette.
La ragazza mi ha risposto che loro proprio non le facevano.
Se a Roma il fornaio non fa il pane di Roma, mi insospettisco.
Ho preso una cosa a caso, non vedevo l’ora di uscire.
Lei mi ha offerto una fetta di panettone.
Sono riuscita a superare il Natale dello scorso anno senza mangiare nemmeno un pezzetto di panettone, figuriamoci se ne mangio una fetta la mattina del quindici novembre, quando posso ancora salvare la faccia.
Lei ha insistito, sono i giorni della degustazione del panettone.
Ho detto no grazie, non mangio dolci.
Insomma, non ci siamo prese.

Certe volte faccio tanta fatica a prendermi con le donne.

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LA COSCIA DELLA NINFA E QUELLA DEL VINO

Rosa Cuisse de nymphe émue

Ho comprato su Amazon un nuovo tappetino yoga.
Ho scelto quello più costoso. Niente di che, il prezzo di una cena in un locale normale, però, per un tappetino, con quella cifra si ha diritto a un oggetto solido, antiscivolo, di fascia alta, pesante.
Se non te lo devi portare in giro (non me lo devo portare in giro), pesante è meglio, non scappa da tutte le parti, sta incollato al pavimento, quando lo arrotoli, sta in piedi da solo.
Quello vecchio ormai era tutto scollato.
Con un tappetino, un paio di pesetti, detti manubri, e uno smartphone, tu hai la palestra in casa.
Ti scegli l’istruttore.
Io ho tutte istruttrici, che cambio a seconda dell’umore. Esse sono tutte americane e tutte brave, molto più brave di tutti gli istruttori che ho incontrato in vita mia.

Juliana, una delle mie istruttrici (con tappetino)

Io con la palestra e gli istruttori ho fatto quello che tanta gente che conosco ha fatto con la scuola e i professori: non ci siamo presi.
Quello che non si capisce mai è di chi è la colpa.
Io ho incontrato solo istruttori che non avevano voglia di stare dove stavano, io li capisco, povere creature, loro, che si destinavano a una carriera di atleta di alto livello, ridotti a una palestra di quartiere sporca e male insonorizzata, spesso in corsi femminili, che si chiamavano proprio così e che loro non amavano e allora vai con le battute, il gineceo, il pollaio, l’ultimo dei miei istruttori scherzava sempre in questo modo e intanto si guardava allo specchio.
La caratteristica comune di tutti gli istruttori di palestra che ho avuto era che si guardavano allo specchio come ossessi, guardavano solo se stessi, mai che dessero un’occhiata al corso, io li capisco, povere creature, sei così ben fatto e così pieno di muscoli, che perché dovresti guardare altrove oltre che nello specchio.
Ovvio, che se tutti facessero così, professori in aula scocciati, cassiere al supermercato scocciate, medici in ospedale scocciati, autisti della metropolitana scocciati, camerieri in pizzeria scocciati, donne delle pulizie scocciate, il mondo sarebbe ancora peggio di quello che è.

Un tappetino, fra l’altro grigio e rosa, quindi, elegante, due pesetti, detti manubri, uno smartphone e exit tutti gli istruttori.

Se si potesse fare lo stesso coi professori, le cassiere, i medici, gli autisti, i camerieri e le donne delle pulizie, la vita sarebbe fantastica.

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GLORIA DI ROMA

Rosa Gloria di Roma

Fanno rete, è evidente.
Laddove noi facciamo famiglia, mafia, massoneria.
Loro, no.
Se potessi congiungere i puntini degli account Instagram che seguo, come sulla Settimana Enigmistica, Che cosa apparirà, uscirebbe fuori la rete delle giovani donne che seguo.
Tutte impegnate a creare. Molte, che scrivono bene.
Io da una bella penna sono disposta a leggere pure cose di cui non mi importa niente: tennis, politica, coltivazione dei funghi.
It’s the Singer, not the Song, come sempre.
Ieri, però, nella Newsletter del pomeriggio, quella della mattina tratta di altro, è uscito fuori un argomento delicato, spinoso, sensibile.
Una lettrice scrive in privato alla blogger, blogeuse, poi diventata giornalista e Instagram Coach, che ha deciso di sospendere temporaneamente di seguirla perché poco le interessano gli argomenti che lei sta trattando di recente e, soprattutto, perché si sente ingannata da una serie di post, tutti uguali e che compaiono contemporaneamente su account diversi, che le sembrano una pubblicità mascherata.
(A me sono sembrati una pubblicità bella e buona).
La lettrice chiarisce che lei trova le creatrici di cui lei parla extra, dice proprio così, e che segue pure loro, ma che si sente manipolata.

Siccome seguo quelle creatrici pure io, la faccenda mi interessa.

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VOGLIA DI CENTRO

Roma, piazza di Spagna, tempo fa

Ieri mi sono truccata, pettinata, vestita e ho fatto quello che fanno da sempre le signore: sono andata in centro.
Quando sono rientrata ero ormai convinta che, non so a Milano (anche se a me, di Milano), ma sicuramente a Roma, si può vivere senza andare in centro.
Perché il centro di Roma è diventato infrequentabile.
Definitivamente.
Ma perché sono andata in centro. Perché volevo fare acquisti che non mi andava di fare in internet: profumo, ombretto marrone, calze, bagno schiuma, cercavo anche il balsamo per i capelli.
Che non ho trovato.
E che ho comprato oggi in internet.

Ma procediamo con ordine.

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