Biglietto n° 155: Notturno in Nero e Oro, il Razzo che cade di James Abbott McNeill Whistler, 1875
È una delle cose più moderne che abbia letto negli ultimi tempi.
Meglio, per ritrovare la medesima impressione di modernità che mi dà La chiave di Berlino di Vincenzo Latronico devo ritornare alla stagione, perché fu proprio una stagione, in cui mi dedicai a 1Q84 di Murakami Haruki.
Due parole sui titoli.
Quello giapponese gioca sull’assonanza nella loro lingua della Q con il numero 9, dunque, noi abbiamo un’indicazione precisa dell’anno in cui è ambientata la vicenda fiume di Aomane, serial killer, e di Tengo, matematico e ghost writer, che si cercano per circa 1.113 pagine, nei due volumi, Libro 1 e 2; Libro 3, della versione italiana.
La chiave di Berlino è questa qui.
In tedesco, il tedesco è una lingua precisa, berliner Doppelschlüssel, dunque, chiave doppia berlinese, essa è «una bizzarra chiave geminata…uno di quegli oggetti di design onirici…che costringe chi la usa a richiudersi la porta alle spalle».
Infatti la puoi estrarre dalla serratura solo se sei dall’altra parte e se l’hai girata nella toppa.
Inventata da un fabbro locale circa un secolo fa per regolamentare l’accesso ai casermoni sorti nella cinta urbana per ospitare migliaia di lavoratori, che evidentemente lasciavano aperta la porta di ingresso al condominio tutta la notte, la chiave diventa per Latronico metafora del tornare, dunque del poter riaprire il discorso, senza però guardarsi indietro.
Come scriva in originale Murakami Haruki non posso dirlo perché l’ho letto in traduzione, alcuni capitoli anche in quella francese.
Dunque, va’ a sapere.
Ma Latronico so che scrive benissimo, la sua è una scrittura che, come sempre fa la scrittura, dice tutto: il dottorato in Filosofia, la precisione, la lucidità dei pensieri, la malinconia di fondo che diventa un tessuto connettivo, l’inquietudine che lo porta al nomadismo e a continue sperimentazioni esistenziali.
Mai ho letto in un numero tutto sommato contenuto di pagine, 137, un’analisi così profonda di una città, dalla Berlino piena di vuoti e di appartamenti a buon mercato di quando lui arriva, 2009, a quella diventata capitale della Germania, che non esiste più nella sua sostanza iniziale e nella quale lui, dopo averla scelta, dichiara di essere rimasto per caso.
Latronico è uno complesso, che apprezza sia le donne che gli uomini, ma che su questo argomento rimane elusivo, meglio, ti fa sembrare normale, non so se lo è, l’oscillare fra i generi.
Uno che frequenta, ha frequentato, assiduamente i rave party, di questo vi ho già fatto cenno, descrivendo con una precisione da chimico quello che succede in questi luoghi preposti alla perdita del controllo attraverso sostanze diverse e esperienze estreme.
Uno che ha lavorato parecchio nell’arte contemporanea: «Quella dell’arte è un’oscurità di tipo diverso da quella delle altre discipline: si può non capire un romanzo o un film, ma nel caso dell’arte, spesso, il problema del pubblico generalista è che non capisce perché è arte».
Dunque, l’arte contemporanea ha bisogno di essere spiegata e le opere che produce si dà per scontato che «debbano galleggiare in una pozza di linguaggio».
E da questa sua definizione, esatta come una formula matematica, ho deciso di partire per la Miniserie, 6, quella che tenterà di sciogliere l’enigma dell’arte contemporanea, e se uso il verbo tentare è perché sono al corrente di quanto sia impervio il percorso.
Ma mi sta a cuore il tema della pozza di linguaggio, ovvero delle parole, lui si sente a ogni passo che vive di parole, ed è più o meno quello che faccio pure io, dunque per me è stato istintivo farmelo amico.
Farmi amico lo scrittore attraverso il suo romanzo.
Questo fa la letteratura, ti mette al posto di un altro, opera una sostituzione per cui tu non ti suicidi perché per te si suicida Anna Karenina, lo ricordo, buttandosi sotto al treno, la sua dunque è una morte moderna; e io, che non sono una tossica, faccio l’esperienza delle sostanze pesanti attraverso Latronico, aduso «alle serate finite a pomeriggio inoltrato…(a) giornate intere di postumi o di chill-out», così come con Murakami divento docente di Matematica, ghost writer e assassina seriale.
In questi giorni ho rivisto Strange Days di Kathryn Bigelow, anzi, questa Newsletter si sarebbe dovuta intitolare come il film, ma non volevo usare l’inglese, e la traduzione conduceva dritto a una canzone di Battiato.
Dunque, ho messo Coriandoli perché tutta la parte finale del film è cosparsa di pezzetti di luce colorati che scendono dal cielo.
Datato al 1995, ma senza nemmeno l’ombra di un umore démodé, Strange Days racconta i giorni strani, o stranieri, o sconosciuti, o nuovi, fate voi, della fine del dicembre 1999, quando è in vista non solo il cambio dell’anno, ma anche quello del secolo e del millennio.
Siamo a Los Angeles e il protagonista è Lenny Nero, un ex poliziotto che si mette nei guai perché ha trovato le prove dell’omicidio di un celebre cantante di colore.
Nero è interpretato da un Ralph Fiennes trentatreenne, che solo la bravura di attore salva dall’essere troppo tenero e caruccetto, un po’ come me lo ricordavo.
In quell’anno 2000 che si avvicina, la droga più ambita è lo SQUID, che il protagonista spaccia e che consiste in un CD che attraverso una cuffia tentacolare che si mette in testa fa rivivere, a tutti i livelli sensoriali, un’esperienza già vissuta da un altro.
Esattamente come la letteratura.
Kathryn Bigelow gira benissimo.
L’ho già detto e lo ripeto, le donne secondo me non hanno niente da invidiare agli uomini nella scrittura, che costa poco o niente perché si fa pure con un mozzicone di matita e un pezzo di carta, dunque, se hai talento, la scuola raffina solo le tue doti, non le crea e a scuola per un sacco di tempo ci sono andati soprattutto gli uomini; e nella fotografia e nel cinema, che sono arti nuove, dove non conta il peso della cultura secolare che ha visto gli uomini per secoli esercitarsi e conseguire risultati di tutto rispetto.
Le donne di Strange Days sono entrambe bellissime.
La cantante Faith, interpretata da Juliette Lewis, è esile tanto quanto la sua voce è potente.
Mace, guardia del corpo e autista di limousine, è Angela Bassett, mena come una dannata ed è chiaramente innamorata di Nero, che cerca di riportare a una vita reale, lasciando perdere droga e amori andati, che sono poi la medesima cosa.
I costumi di Ellen Mirojnick fanno di Strange Days un film di fantascienza, un po’ alla Blade Runner.
La cosa strana che ho notato è che tutti sono marginali, volentieri tossici, notturni, fragili e violenti, ma che nessuno, dico nessuno, è tatuato.
Proprio come i cellulari, che compaiono solo in un paio di scene, i tatuaggi sono arrivati dopo.
Smartphone e tatuaggi, rispetto alla modernità, sono postumi.
Bisognerà tornare a riflettere su tutto questo.
Ai nostri giorni, quasi 2024, sono tatuati quasi tutti e vedo sempre più spesso piercing al naso.
Questa pratica mi disorienta, non riesco a guardare la fornaia, la giornalista, il portalettere, la segretaria del medico, lo studente senza pensare «questo ha l’anello al naso».
Vedremo che cosa accadrà nel futuro prossimo, come sarà la letteratura.
Come saranno i film.
Come saranno i giorni.
Biglietto n° 155: Notturno in Nero e Oro, il Razzo che cade di James Abbott McNeill Whistler, 1875. Per prima cosa, l’artista.
Toglietevi dalla testa Cassius Clay.
«Vola come una farfalla, pungi come un’ape» è il motto di James Abbott McNeill Whistler, 1834-1903, un self-invented, un dandy autentico, un eccentrico, un kamikaze estetico, il primo artista americano a essere accettato dagli artisti francesi.
La sua firma, che integra le sue iniziali J M W e che esiste in diverse e squisite varianti.
Nato a Lowell, nel Massachusetts, quindi al Nord, finge per tutta la vita di essere un gentiluomo del Sud.
Afflitto dalla bassa considerazione che nutre l’America nei confronti suoi e dei colleghi, risolve abbandonando la patria e trasferendosi in Europa, inventando di essere un aristocratico nativo di una terra che non vuole mai più rivedere.
Cresce in Russia al seguito del padre, ingegnere ferroviario e costruttore della San Pietroburgo-Mosca, a ventun anni lo troviamo, seccato, a Parigi.
Alla ricerca di onori bellici, va a Valparaiso, in Cile, per partecipare alla guerra ispano-sudamericana.
Quando rientra, non ha nemmeno una cicatrice, ma ha realizzato alcuni dei suoi dipinti nebbiosi.
Questo per esempio è Crepuscule in Flesh Colour and Green: Valparaiso (Crespuscolo in color carne e verde: Valparaiso), 1866.
Grande conoscitore di arte orientale, giapponese e cinese, non vuole raccontare una storia, lui è di quelli Art for Art’s Sake, la ricerca dell’arte fine a se stessa.
Whistler non ha esitato a prendersi l’amante e modella di Courbet, Jo, che qui vi mostro in un ritratto dell’artista francese del 1866.
Ed è stimato da Manet, Monet, Degas, Pissarro, quindi, figuriamoci noi.
Il dipinto del nostro biglietto di oggi sta qui perché rappresenta un fuoco d’artificio.
E perché la sua difesa da parte dell’autore è stata una missione suicida.
Il Nocturne in Black and Gold, the Falling Rocket, 1875, del Detroit Institute of Art, sarà chiamato ad aprire l’op. 162, il Sorbetto di fine anno, vedi oltre, Le Notizie, 2.
Esso è «a depiction of a fireworks display in London’s Cremorne Gardens», ovvero una rappresentazione dei fuochi d’artificio che ci furono ai giardini sulla riva del Tamigi.
John Ruskin è il massimo critico d’arte inglese dell’epoca.
Dunque quello che pensa e scrive lui ha molto seguito.
E del dipinto pensa e, quindi, scrive: «Ho visto e sentito un sacco di impudenza cockney (riferimento alla classe proletaria del London’s East End) prima di oggi; ma mai mi sarei aspettato di sentire un coxcomb (un damerino) chiedere duecento ghinee per lanciare un barattolo di colore in faccia al pubblico».
Apriti cielo.
Il sedicente gentiluomo del Sud deve difendere il suo onore.
E questo fa Whistler, trascinando Ruskin in tribunale, vincendo la causa ma ottenendo solo il risarcimento di un quarto di penny.
L’offesa all’onore viene riparata, ma il disastro economico è grosso, e questo è il motivo per cui l’opera del nostro biglietto è il dipinto più «infamous» di Whistler e perché la sua difesa è stata una missione suicida.
Per noi, oggi, esso ha un’atmosfera stralunata, una tavolozza raffinata e delle caratteristiche tonali molto suggestive.
E poi c’è un fuoco d’artificio, che è proprio quello che ci serve.
Le Notizie, 1. Come detto, siamo in vacanza con le Miniserie, ma torniamo presto. Lunedì 8 gennaio 2024 inizia la diffusione della Miniserie, 5, Suite veneziana: il Cinquecento, un’immersione nell’opulenza del Rinascimento della Serenissima, che ci porterà anche a varcare i confini d’acqua della città lagunare per seguire i suoi artisti, alla conquista del mondo.
Tutte le notizie su tutte le Miniserie della Stagione 2023-2024 qui.
Le Notizie, 2. Il titolo del Sorbetto op. 162, in degustazione giovedì 28 dicembre 2023 alle ore 18:30, è Anatomia di un veglione e riprende quello del film Anatomie d’une chute, di Justine Triet, che si è aggiudicato la Palma d’Oro al Festival di Cannes quest’anno. Ma con la caduta, e con quest’altro processo, noi non vogliamo avere a che fare, a noi interessa solo il sezionamento dei fatti. E i fatti, meglio, i rituali del veglione di San Silvestro vado a indagare. Mi faccio aiutare da un antropologo e vado a vedere come e perché si fa festa, dunque, che senso hanno il brindisi, i botti, appunto i fuochi d’artificio, le formule augurali, il ballo. Con una piccola guida per le signore e le signorine che non sanno mai che mettersi e che devono, semplicemente, dare retta a me, ovvero, all’arte.
Le Notizie, 3. Il MaxiSorbetto dell’inverno comincia giovedì 4 gennaio 2024 e ha un sapore forte e caldo. Diventare selvaggi: Paul Gauguin 1848-1903.
Quattro porzioni per conoscere l’artista che piace così tanto a noi, che siamo romantici e moderni e che ha incendiato l’arte con i suoi colori e con i suoi soggetti. Non solo i mari del Sud, ve lo dico subito, perché la sua ribellione comincia da subito e il viaggio, quello definitivo, ne è solo il suggello.
Tutte le notizie su tutti i Sorbetti, con i gusti pronti fin dove è lecito elencarli, qui.
State bene e fate cose belle.
E gradite i miei migliori auguri per il nuovo anno, che dovrà essere moderno, pieno di arte, di scambi fecondi, di progetti realizzati e di tutto il resto che avete in mente voi e i protagonisti della letteratura e del cinema che amate e dei quali amate prendere il posto.
I titoli di coda. Questa Newsletter è stata inviata agli abbonati mercoledì 27 dicembre 2023
** L’elenco completo delle Newsletter è sul sito alla pagina dedicata. Alla medesima pagina trovate anche le informazioni per abbonarvi
*** Le informazioni sulle Miniserie sono sul sito alla pagina dedicata
**** L’elenco dei gusti dei Sorbetti, che si inoltrano dove è lecito inoltrarsi nel 2024, seguendo l’ispirazione, la pianificazione e la logica, qui
***** L’illustrazione di apertura, le Pupazzine e i Sorbetti sono di Lorenzo Rocco
****** L’assistenza tecnica è di Virgilio Piccardi