Stazione meteo Foresta Nera

In estate mi chiedo sempre chi sia il cretino che nel mio palazzo ha un orologio a cucù.
È probabile che non stia nemmeno nel mio palazzo, ma in uno dei palazzi dell’intercondominio, che affacciano tutti sul giardino, quello negletto ma con un maestoso cedro del Libano che arriva fino al settimo piano.
Quale sia il gusto che ti porta a metterti in casa a Roma una cosa del genere, mi sfugge.
Uno dovrebbe saperlo, che le cose di montagna vanno lasciate alla montagna, di tutto quello che mi è capitato di comprarmi durante le vacanze estive di quando facevo le vacanze, credo di aver indossato solo una giacca di lana cotta grigia, che riusciva quasi a passare inosservata.
Fuori contesto.
Dépaysement.
Meglio, acquisti sbagliati.
In tutti i sensi.
Che ne so dell’orologio a cucù.
Indovinate.

L’orologio a cucù suona ogni 30 minuti: annuncia l’ora con dodici colpi a mezzanotte, poi suona la mezz’ora eccetera.
E lo sento praticamente solo in estate e solo di notte perché ho la finestra aperta e tutto intorno è silenzio.
E un silenzio metropolitano come quello di Roma interrotto dal suono del cuculo, ammettetelo, è proprio strano.
Inoltre, l’orologio è mal regolato, per la precisione ha tre minuti di ritardo.
E questa è la cosa che più mi dà fastidio.

La settimana scorsa mi è arrivata una segnalazione del corriere che mi diceva che mi avrebbe consegnato una cassetta di vini.
Prendo regolarmente il vino in internet, conosco la prassi. Solo, non mi sembrava di avere un ordine in sospeso.
Mi sono anche detta vuoi vedere che ho fatto acquisti in stato di ebbrezza e che non me lo ricordo.
E pure questo era strano, perché di solito mi ricordo tutto.
Inoltre, non ero riuscita a entrare nel sito del corriere per decidere l’orario, mi dava un messaggio di quelli che ti dicono che qualcosa è andato storto.
E dal mio conto sul sito dell’azienda risultava che tutto era stato consegnato.
Insomma, non ci ho pensato più.
Ma lunedì scorso piuttosto presto la mattina mi suona il citofono.
Con prepotenza.
Chiedo chi è e perché si comporta in quel modo poco urbano.
Perché è il corriere e mi deve consegnare il vino.
Ben venga.
Lo metta in ascensore e lo prendo.
Lo scatolone aveva all’interno tutte bottiglie di mio gradimento.
Impossibile, che qualcuno mi avesse fatto un regalo conoscendo così bene i miei gusti.
Il sito dell’azienda mi dava un ordine nuovo, che io non avevo fatto e che stava a costo 0 = zero.
Ho pensato, ma che simpatici, ora li chiamo e li ringrazio.
Oppure cerco di capire.
Al servizio clienti non mi ha risposto un umano ma una voce che mi diceva di lasciare un messaggio.
In inglese.
Ora, loro stanno a Milano e mi pare che da quelle parti si parli italiano.
Ma loro hanno la fissa dell’inglese, tutti i post Instagram si esprimono in questo idioma, farà cosmopolita ma a me fa irritazione.
Risultato.
Ho buttato giù il telefono.
Ora ho deciso di controllare la mia carta di credito, c’è stato sicuramente un problema organizzativo, per cui il loro sistema ha registrato un ordine non fatto e tutto si è messo in moto di conseguenza.
Poco male, se lassù qualcuno mi ama, a me sta bene.
Sarò corretta e comunicherò via mail l’accaduto.
Con calma.

In questo periodo non si è sposato nessuno.
Questo ha fatto la disperazione dei fotografi, e li capisco.
Non capisco, invece, i promessi sposi.
Che praticamente hanno dichiarato tutti, sui social o in privato, che non hanno convolato a nozze perché non si poteva festeggiare per via del divieto di assembramento.
Insomma, tutti vogliono invitare duecento persone e metterle tutte a tavola.
Ora, per sposarsi, basta avere un testimone ciascuno. Non ti assembri e fai una cosa importante.
Sempre di più, mi sembra che ci sia stato una specie di svuotamento di senso, per cui, per esempio, dell’esame è rimasta solo l’ansia ed è venuta meno praticamente tutta la preparazione.
Del matrimonio, è rimasta la festa ma non il sentimento.
Rimandare di un anno, di questi tempi, secondo me significa che ti viene in mente ma chi me lo fa fare.
E non ti sposi più.
Contenti loro.

Ho pubblicato tutti i gusti dei Sorbetti fino alla fine di ottobre.
Se non avessi deciso di fermarmi, sarei pure potuta andare avanti per un altro pezzo.
Se c’è una cosa che non mi manca, sono le idee.
In questo periodo, poi, sono straordinariamente creativa. Io che per anni mi sono definita un teorico, a forza di stare in un ambiente di artisti, per uno strano meccanismo di vasi comunicanti, a un certo punto mi sono impossessata di qualcosa che non pensavo mi competesse, sottraendola a loro.
Se devo guardare solo i miei studenti, va proprio così, difficile, che qualcuno di loro possa sembrare un artista.
Dei colleghi non mi azzardo a parlare, certo loro continuano a essere creativi. Facciamo che qui parliamo di energia, che si moltiplica su se stessa e che non abbiamo in dosi limitate.
Forse è come il latte delle mucche, che più le mungi e più ne fanno.
Anche se i tempi sono tristissimi e di idee in giro poche ce ne stanno.
Comunque.
Ho deciso il tema del Sorbetto opus 25: mi occuperò del sesso femminile. Sì, proprio quella roba là.
Già mi sono occupata di seni, qui e qui.
In quanto donna e in quanto professionista dell’immagine, sono legittimata a farlo.
E poi, se non lo faccio io.
Un uomo sembrerebbe un maniaco sessuale, un ginecologo farebbe una cosa scientifica e non simbolica e poetica come la mia.
Ci sto sopra da un pezzo, l’arte occidentale, in questo senso, nega insistentemente la presenza di un’apertura nel corpo femminile.
Tutte le statue e tutte le Veneri, pure quelle sensuali di Giorgione e di Tiziano, sono pari anatomicamente a delle Barbie.

Tiziano, Venere di Urbino, 1534

Sì, poi però c’è Courbet, certo, che lo so.
E ci sono i disegni erotici, dunque, privatissimi, di altri artisti, con in cima il mio prediletto, Hayez, che quando si esprime per uso privato, mica scherza.
Ma bisogna andare sui giapponesi per vederne di belle.
Insomma, sto mettendo insieme del materiale.

Micetta

Ma il titolo è fatto: Pussy Galore.
Potete controllare.
Ora, in inglese, ma anche in francese, il sesso femminile è paragonato a una gattina, da cui pussy, o chatte.
E Galore?
Certo, è quella tipa di Missione Goldfinger che pilota aerei come una dannata e agisce come un’indiavolata, finendo, se mai avessimo avuto qualche dubbio, fra le braccia di 007 appena possibile.
Non so voi, ma io conosco questo film da sempre e lo rivedo anche spesso, è il mio prediletto della serie, lui è spettacolare e c’è pure l’Aston Martin.
Ma non ero mai andata a vedere che cosa significasse Galore.
Ora ci sono andata.
E mi sono deliziata ulteriormente.
Insomma, galore si può tradurre con a bizzeffe o a volontà.
Anche se io preferisco, soprattutto in questo caso: a tutta birra.

Il mio telefono continua a darmi il meteo.
Da giorni sta fisso su Soleggiato, forse anche di notte.
A parte il caldo, questa monotonia mi sfinisce.
E inventati una cosa un po’ diversa.
Forse ci vorrebbe la stazione meteo che vi ho messo in apertura: sorella dell’orologio a cucù e anch’essa squisitamente fuori posto.
Ma certo più variata e, speriamo, variabile del telefono.