Un. Certe date sì, che sono importanti per una donna.
Non lo facevo dallo scorso 10 dicembre.
Santocielo, l’anno passato.
Ma tutti i conti tornano.
A marzo stavamo in confinamento.
E poi c’è stata la riapertura e l’affollarsi e la difficoltà a trovare uno spazio.
Insomma, è finita che sono riuscita a farlo il 3 luglio scorso alle ore 13:00.
Il trattamento è in sé qualcosa di esoterico.
Devi farlo distanziandolo da tutto il resto, poi vai lì e cominci a sottoporti a tutti i passaggi e poi uno ti dice il bagno di colore che abbiamo fatto la settimana scorsa guarda come è uscito fuori e l’altro ah, che meraviglia, guarda quanto sono lucidi e come brillano.
E in effetti uno (una) si guarda allo specchio e pensa «Però».
Non ne potevo più, a niente serviva il phon superprofessionale e a niente servivano le piastre: tu fai il trattamento dal parrucchiere, sei entrata che stavi tutta sbilenca ed esci che sei una meraviglia.
Il mio parrucchiere ha più o meno dimezzato la clientela.
Non mi sono nemmeno chiesta con quale criterio perché per fortuna stavo dentro.
Tutte le clienti che stanno fuori, le ho viste, a implorare un appuntamento e a sentirsi rispondere proprio non se ne parla.
Io, per me, ho preso appuntamenti fino a settembre.
E poi due giorni fa sono riuscita a fare il trattamento.
Come fanno le donne che ci vanno due volte l’anno, me lo chiedo di continuo.
A me, confinatemi come vi pare. Ma fatemi andare dal mio parrucchiere.
Due. Alla radio ripetono che da domani, lunedì 6, mandano repliche. Tale comunicazione è surreale, hanno mandato repliche per settanta giorni consecutivi, non vedo la differenza fra allora e adesso.
Un mondo stravagante, che deve stare continuamente in vacanza e che non distingue una vacanza dall’altra.
Autogol autentici, le repliche più vecchie fanno capire che la memoria di bei programmi non era condizionata dal tempo, quelli di prima erano bei programmi sul serio.
L’unico paragone che mi viene in mente sono le vecchie foto pubblicate sui social. Anche considerando che c’è un sacco di gente che prende sapore col tempo, il più delle volte uno si chiede ma, pur tenendo conto di tutte le mode e il taglio degli abiti e dei capelli e tutto il resto che vi pare, uno si chiede, dicevo: nel frattempo, che è successo?
Per fortuna, però, mi sono comprata un televisore.
Tre. Sono uscita da casa dopo tre mesi che stavo senza, dicendomi o adesso o mai più.
Ho messo in borsa la ricevuta del tecnico che si era portato via il televisore vecchio e che mi aveva dettato le condizioni di quello nuovo.
Sapevo tutto, una cosa scientifica, lucida, senza scampo.
Pioveva e c’erano quattro venditori in piedi all’entrata del negozio.
Ho fatto scorrere elegantemente il dito indice da destra a sinistra verso di loro e ho detto: «Voglio un televisore».
Si è fatto avanti Luigi, meno di quarant’anni e fede nuziale al dito, quindi una persona affidabile.
Mi ha chiesto pure in un accesso di stile se volevo prendere l’ascensore per scendere al piano di sotto.
Ma per carità. Per le scale impieghiamo un attimo in più ed è quello che cerco: prendere un altro po’ di tempo.
E infatti.
Al piano inferiore un inferno di schermi, tutti accesi, alcuni erano alti quanto me e lunghi me due volte e mezzo, delle cose mostruose, ma in che case li infilano, è mai possibile che, di botto, tutti abitino in un castello?
I televisori corrispondenti alle mie richieste erano tre.
Luigi mi ha esposto le caratteristiche.
Io nemmeno mi ero tolta gli occhiali da sole per vedere più chiaramente.
Ma se hai detto che pioveva, che ci facevi con gli occhiali da sole.
Facevo che io li porto sempre, soprattutto quando vado a comprare un televisore.
Ho detto a Luigi prendo quello di prezzo intermedio, secondo me è la giusta regola esistenziale.
Lui, incuriosito ma d’accordo.
Solo che quello di prezzo intermedio non era disponibile.
E controlla prima, che diamine.
Allora prendo quello che costa di più.
Anche perché mi voglio fare un regalo di compleanno.
Ah, sei nata di luglio.
Ma per carità, non ci penso per niente, io sono nata di marzo e ci tengo, solo che ho fatto il compleanno in confinamento.
(Ecco offesi tutti quelli del Cancro. Ma sono parecchio Cancro pure io, visto che nel Cancro ho la luna e che per una donna la luna è importantissima. Ed è per questo che il solo pensiero del Cancro, delle sue malinconie e delle sue tenerezze, mi fa stare male).
Dicevamo: prendo quello che costa di più.
E poi mi ero portata il mio lettore di dvd e avevo detto a Luigi che io col televisore ci vedo solo i film e una partita ogni paio di anni.
E lui mi ha pure detto che facevo bene. E mi ha suggerito di prendere un lettore nuovo perché quello mio sarebbe pure potuto andare per i film vecchi, però per i film nuovi parecchio HD, lui non ha detto proprio così ma il senso era questo, sarebbe stato meglio.
Preso da scrupolo, Luigi ha pure aggiunto che poteva anche darmi l’indirizzo di un altro dei loro negozi dove c’era il prezzo intermedio.
Allora non ci siamo capiti.
Ora o mai più significa che se io oggi non torno a casa con il televisore nuovo, mi tocca sentire come intrattenimento solo la radio, quella con le repliche annunciate dopo tutte le repliche del confinamento.
È finita che sono rientrata piena di scatole, le ho mollate tutte all’ingresso e mi sono messa a dormire.
Sfinita dall’impresa, ho dormito due ore e mezza.
Domani chiamo il tecnico.
L’unica cosa che ho fatto prima di mettermi a dormire è stata prendere il metro e vedere se veramente lo spazio disponibile corrispondeva ai pollici.
Ma il tecnico è uno serio e aveva calcolato giusto.
Sollevata, alle ore 15:00 del pomeriggio ho chiuso le tende e mi sono infilata a letto.
Fuori aveva smesso di piovere ma io nemmeno me ne ero accorta.
Stella! Sto leggendo un bellissimo libro di marketing che va giù come un romanzo.
Ho imparato che cosa sono: il bundle; la CTA (Call to Action); il Costo sommerso; l’Effetto alone; il Fattore di impazienza (questo, poi, è bellissimo); la Gamification (molto divertente); il Packaging (anche se un po’, questo, lo intuivo); la Piramide di Maslow ; la Reciprocità; la Stickiness; l’Upselling.
E un sacco di altra roba.
Che ci faccio col marketing.
Come che ci faccio, ci amministro il mio small business, col quale faccio pacchetti che invito a spacchettare, creo contenuti, invento occasioni ispirandomi ai volantini del supermercato e a quelli della consegna a domicilio, maxiporzioni, Arte Party, mille volte meglio del Pizza, prendo appunti sull’aumento alla propensione dei corsi on line (+ 20%), sugli scenari autunnali possibili, sul «fast forward di tre anni nella normalità digitale», ovvero sul nostro vivere ora quello che senza pandemia avremmo vissuto nel 2023.
Ma non vai al mare.
No, perché il sole mi rovina la pelle.
E in montagna.
Mi annoio. E poi ho deciso di non metterci più piede quando in un albergo in Val Pusteria che si dava pure delle arie ho trovato sul menu della sera le linguine allo scoglio.
E il tuo solito viaggio di studio.
Quello, aspetta.
Tanto ci vado quando le acque si sono calmate, quando non è più così rischioso prendere un biglietto aereo che, come niente, finisce in una quarantena più lunga del soggiorno.
E poi da un pezzo non mi divertivo così tanto in professione e, come sappiamo, da cosa nasce cosa e uomo allegro con quel che segue.
Insomma, da un po’ mi ripeto che quella faccenda del ferro caldo che, finché è tale, è meglio se te ne occupi, non è poi così male.
Non c’è nemmeno bisogno che te lo dica il marketing perché ci arrivi da solo.