Sembra che i più contenti del confinamento siano gli animali domestici.
Posso capire.
I padroni, sempre a disposizione.
Oddio, tu prova a essere padrone di un gatto.
Io ho avuto due gatte importanti, poi ho deciso: mai più.
Il «gatto da interno» che, a sentire la pubblicità di alcune scatolette, sembra una pianta, no grazie.
Ora ho due pesci rossi.
Dopo i gatti, sono passata ai pesci rossi per via di Matisse, che a loro ha dedicato una parte della sua produzione.
Nel 1913 l’artista si installa in un palazzo che dà sul quai Saint-Michel e lì dipinge l’opera che vi mostro.
Al di là di quello che vediamo tutti, come sempre accade con l’arte, tante sono le riflessioni che ci vengono in mente.
Per esempio, quella che riguarda lo spazio, con questa ambiguità della relazione fra dentro e fuori, laddove il dentro è l’atelier e, il fuori, la finestra.
Stiamo dentro eppure stiamo fuori: dentro, con i pesci rossi nella loro vasca; fuori, così come stiamo noi.
Questo è un dipinto che, quanto a colori, è pieno di blu.
Blu diversi uno dall’altro, uno profondo, l’altro, trasparente, blu che vibra anche attraverso altri colori.
(Le opere d’arte, bisogna sempre vederle. In tutti questi blu, così come essi sembrano qui, un blu non si distingue dall’altro quasi per niente).
Inoltre, vasca dei pesci rossi come metafora dell’artista che sta nel mondo ma sta nel suo atelier.
E siamo nel periodo immediatamente precedente la Grande Guerra, come niente, questi stavano peggio di noi.
I miei pesci rossi da un pezzo si chiamano I Props.
Props come un cognome, come una famiglia.
I props sono gli attrezzi di scena dei fotografi e degli artisti.
Però props significa anche applausi e complimenti.
Mi ripeto. Sono, infatti, una donna noiosa.
Ogni Prop ha il suo nome.
I due attuali sono Wine Prop e Hot Summer Prop.
Poi, va bene, come con tutti gli esseri viventi che amiamo, pure loro cambiano nome continuamente e a seconda dell’umore.
E diventano i pesciolini, i pesciolotti, i Pappa Boys, eccetera.
Loro stanno lì e aspettano di mangiare.
Mangiare nel senso di colazione, pranzo, cena, merenda, spuntino di mezzanotte.
Uno di loro, Wine Prop, è diventato talmente grosso che sembra una triglia e da un po’ mi gira per la testa il pensiero che lui, qui, stia male.
Però, dove lo porto.
Villa Lais è chiusa e la fontana dei pesci rossi è vuota perché li hanno rubati tutti (poi, chissà che ci hanno fatto); in Accademia, chiusa anch’essa, nel giardinetto davanti al bar, l’altra fontana, con il muschio e le cascatelle, aveva i pesciolini ma mi hanno raccontato i custodi che venivano i gabbiani e che se li portavano via uno alla volta afferrandoli col becco.
Un po’ come se prendessero il caffè con i pasticcini, mi hanno detto.
Il mio pesce rosso mangiato da un gabbiano come un dolcetto.
Non sia mai.
(In francese dolcetto si dice mignardise. Nome molto grazioso per un altro pesce rosso. Ma non voglio pensarci, di prenderne un altro).
Pure i miei pesciolini stanno confinati, tali e quali a me e a tutti.
Loro stanno confinati nella loro vasca.
Una casa dentro la casa.
Poi, però, lo ammetto, continuo ogni tanto a cambiar loro i nomi e allora, vista l’aria che tira e l’aria del tempo, uno, quello più grosso che sembra una triglia, è diventato Corona; e l’altro, la femmina, sottile, con una bellissima linea, di un meraviglioso color rosso splendente, indovinate, l’altro, come si chiama.
Antonella
28 marzo 2020 — 10:04
Rosella
Rosella Gallo
28 marzo 2020 — 10:29
Antonella
Andrea
29 marzo 2020 — 9:24
Sébaste
Rosella Gallo
29 marzo 2020 — 9:58
Altro nome dei pesci rossi, è incredibile come ogni lingua li interpreti a modo suo