William Morris, The Strawberry Thief, 1883

Problema n° 1.
Ti devo € 45,00.
Ho una banconota da € 50,00.
Mi dici che non hai € 5,00 di resto, hai solo € 10,00.
Ti do la banconota da € 50,00 + € 5,00, come si dice, in moneta.
Sconcerto.
Ma se ci arrivo io che, come Tosca, vivo d’arte e vivo d’amore = € 55,00 – € 10,00 = € 45,00.
La volta successiva ho di nuovo una banconota da € 50,00, però scrivo sul calendario «credito € 5,00».
Poi ti spiego.

Problema n° 2.
Decido di rifare le tende del mio studio. Quelle che sono su, bianche, lunghe fino a terra, e dire che sembrava una gran bella stoffa, fatta venire dall’Inghilterra, si sono lacerate entrambe all’altezza della maniglia.
Gradisco la proposta della signora delle decorazioni di interni: William Morris.

William

Lui è uno degli artisti che più stimo al mondo, uno che credeva in quello che faceva, con un talento insuperato nella progettazione di case che fossero accoglienti.
Mi sembra sempre incredibile che sia possibile ancora oggi avere qualcosa di suo, la produzione è al Victoria & Albert di Londra, dunque, uno si compra, letteralmente, un pezzo da museo.
Genialità della ditta che ha acquistato i diritti, il motto è Live Beautiful.
E ci prende.
Rimaniamo sul superclassico Strawberry Thief, penso che da sempre l’avrei voluto in qualche modo in casa mia.
Con Morris, l’unica cosa è andarci cauti perché è molto pieno.
Qui la dose sarebbe giusta, le mie tende sarebbero bianche, a vetro, senza nemmeno una piega.
Il campione che vi mostro è quello del museo.

E adesso arriva il bello.
I dati tecnici: la stoffa ha un’altezza di 130CM. In inglese il termine è width, che è pure più chiaro, perché indica in effetti la larghezza.
Il motivo dell’uccellino che ruba le fragole si ripete per verticale ogni 47CM; in orizzontale, ogni 33,5CM.
PATTERN MATCHT STRAIGHT, recita l’etichetta che ho fotografato: traduco che il motivo si abbina per dritto.
Si capisce subito, o, almeno, lo capisco io, che bisogna fare due conti.
Quelli della decoratrice secondo me sono sbagliati per difetto, ci passo sopra un pomeriggio, chiedo un parere e decido di lasciare cadere l’argomento.
Per realizzare due tende uguali, senza interrompere la successione del motivo, lo spreco di stoffa sarebbe troppo, i prezzi sono quelli che sono, non mi sembra il caso di andare avanti con l’ordine.
Mi dispiace perché già vedevo il mio studio con le tende nuove.
Ma quella non è una stoffa da proporre per la mia finestra.

Perché nessuno capisce la matematica?
Al ristorante, se ci sono più persone, è sempre uno solo che fa i conti.
Non è un caso. Con i numeri, guardatevi intorno, i rapporti sono sempre dolenti.
Pure per me, che c’entra.

Tempo fa decido di mettere fine al mio disorientamento e cerco in internet un professore che mi dia lezioni di Matematica.
Gli telefono e gli dico che lui deve cambiare la mia visione del mondo.
Comincia un anno e mezzo di studio e di esercizi, dico solo che una volta ho dovuto prendere l’aspirapolvere perché lo straccio da solo non bastava a togliere dalla mia scrivania i residui della gomma da cancellare con la quale avevo corretto tutti i miei sbagli.
In quel periodo ho imparato un sacco di cose: che si può arrivare al medesimo risultato per vie diverse; che ci sono soluzioni più eleganti di altre; che per fare gli esercizi occorre molta carta e molto spazio; che per risolvere anche la più semplice delle espressioni devi essere calmo.
Che i matematici sono tutti vocati e che fanno fatica a comunicare con il resto del mondo.
Perché credo che qui stia il nodo, la difficoltà a tradurre quello che per loro è un pensiero chiaro e, per gli altri, è un busillis intricatissimo.
Un vero peccato, perché di numeri è fatta l’esistenza e i numeri sono così belli.
Per la cronaca: dopo un anno e mezzo ho deciso di interrompere le lezioni perché il mio professore andava troppo in fretta per i miei mezzi, limitati e goffi.
Insomma, non mi capiva.
Ho fatto un altro paio di tentativi, andati male, docenti abituati a ragazzini somari, è difficile che accettino altri punti di vista.
Ma non ho rinunciato del tutto, mi sono anche comprata i libri di Emma Castelnuovo, grandissimo matematico, morta a 101 anni, sembra che lei avesse il dono della chiarezza e che in giro ci siano tanti suoi allievi.

Emma

Non mi resta che cercarne uno che faccia al caso mio.
Però, prima fatevi una risata.
Presa dal fuoco della conoscenza, organizzai una visita al Museo della Matematica, che fra l’altro è ospitato nella Scuola progettata (1935) da Gio Ponti per la nuova Città Universitaria qui a Roma.

Gio Ponti, Scuola di Matematica, Città Universitaria, Roma, 1935

Passammo una gran bella mattinata con il Direttore, che era una signora molto gentile, alla quale avevo raccontato tutta la mia storia. Al punto che lei, che curava un programma di conferenze, al momento dei saluti mi invitò a tenerne una.
Io, che sono una professionalmente audace, accettai senza nemmeno pensarci.
Insomma, sul manifesto il mio nome compariva anche accanto a quello di Paolo Zellini, docente di Analisi numerica, che scopro oggi essere nato esattamente il mio medesimo giorno.
Feci un intervento dal titolo L’Arte e il Numero, mi presentai dicendo: «Buonasera, sono un’aliena», la sala era affollata (più che per Zellini, che ero andata ad ascoltare, ma non ditelo in giro), si divertirono tutti, per prima io, che mai avrei pensato in vita mia di parlare in un posto così prestigioso e così lontano da tutto quello che mi riguardava.
C’erano pure gli studenti di Matematica, che non avevano trovato posto. Li feci sedere tutti per terra accanto a me, così come facevo in Accademia, dove c’erano cronici problemi di sovraffollamento.
Sono sicura che loro pensarono che arte è bello e che la scuola degli artisti era un luogo fantastico.

Come si sarà capito, fra i miei progetti per l’estate c’è quello di rimettermi sui libri. E di rinfrescare le quattro cose che ho imparato, decidendo a ottobre se cercarmi un nuovo maestro.
E aspettando un momento prima di comprare la stoffa per le tende.

Vi comunico che i Sorbetti si continuano a degustare anche con il caldo, anzi, è proprio quando tutto intorno vengono meno le proposte più serie e quando si è nei mesi più vuoti dell’estate, è proprio adesso che arte è, se possibile, ancora più bello.
State bene e pensate che i numeri ce li portiamo tutti dentro, per esempio quelli che usiamo quotidianamente. E che il metro, addirittura, ce lo abbiamo in mano: il nostro palmo aperto misura infatti cm 20.
20 x 5 = 100.
Lo ricorda Emma Castelnuovo in apertura del suo manuale.
E, con gente sveglia come voi, io non devo stare ad aggiungere altro.

* L’immagine di apertura è di Lorenzo Rocco, al quale devo ricordarmi di chiedere se capisce la matematica. Ma ritengo di sì, visto che lui è così pulito, razionale e geometrico. E anche pieno di venature di poesia, perché matematica e poesia, voi pensate solo alla metrica, figuriamoci se non vanno d’accordo

Lorenzo Rocco per la Newsletter de Il sole al guinzaglio

** L’assistenza tecnica è di Virgilio Piccardi, che ha fatto il liceo scientifico e andava bene a scuola. Dunque, ça va sans dire, era di quelli che capivano i numeri e tutto quello che ci sta dentro
*** Sul mio blog ho iniziato il 5 luglio scorso una serie estiva, che si intitola Replica e che durerà fin che usciranno fuori gli argomenti. E gli argomenti sono usciti fuori sempre. Dunque, hanno altissime probabilità di continuare a uscire
**** Ultim’ora. Che vi piaccia o no il calcio, a questo punto ha poca importanza. L’Italia è in finale agli Europei 2020, questo dicono i numeri e questo è ciò che conta. Dal vivo e sul campo: Chiellini e Bernardeschi, contenti

Giorgio & Federico