REPLICA, 8. AIUTATI (CHÉ DIO TI AIUTA)

Voi, i tristi, e tantomeno (o più) i malinconici, che si autoregolamentano, non li dovete portare dallo psicologo.
(Lo psicologo ha bisogno di qualcuno che aiuti lui).
Voi i tristi li dovete portare dallo chef.
Ma non da uno chef qualunque.
Li dovete portare dallo chef che dico io.

La prima volta che l’ho visto, la sua esuberanza mi ha lasciato perplessa.
Poi, mi sono fatta portare.
E ho  fatto benissimo.
Ciò che noti subito, oltre al sorriso, è l’ottima forma fisica: mani eleganti, braccia muscolose, T-shirt che segna un bel torace.
Insomma, non è vero che se ti piace mangiare, diventi grasso.
Allo chef mangiare piace moltissimo, ti racconta il cibo come peccato, come godimento e come poesia, è capace di tirare fuori da un pezzo di pecorino la storia di una nevicata, però ha con il mangiare un rapporto sano, che non nega il corpo ma che, anzi, lo esalta.
È un affabulatore.
Romano de Roma, ha della mia città l’animo ironico e scanzonato, ma, questo è uno dei suoi miracoli, non scade mai nel volgare, nemmeno quando gioca, nemmeno quando interloquisce con il suo pubblico, che tratta sempre con garbo, prendendo però un po’ in giro i puristi e i mai contenti.

Lo chef fa venire fame a me, che sono una disappetente.
Il che è tutto dire.

Vi propongo la sua ricetta della Cacio & Pepe, ovviamente spaghetti, e sono più che d’accordo.

Lo chef ha tutta una serie di fornitori ai quali vuole un gran bene, parecchi stanno al Mercato Trionfale, dove io vado solo ogni tanto quando sono da quelle parti, e che è fra i più belli della città.
Ci sono poi tutti gli altri, quelli da cui compra l’olio, la pasta, l’aglio, che sbuccia, annusa, assaggia e del quale racconta le virtù come in una saga cavalleresca.
In questa montata di ricette, abbondano gli aneddoti, l’infanzia, la madre Fiorella, le esperienze e insieme i suggerimenti, sempre puntuali, sempre presenti.
Lui ha un’attrezzatura professionale, però ti dice pure come fare con i mezzi di bordo, per cui, se per esempio non hai il macinapepe (che io ho, e anche di ottima marca e con lame affilate), puoi mettere i grani in un sacchetto di plastica e schiacciarli con il martello.
Ti dice che il pollo, quando cuoce, schizza e che il grasso del pollo è difficile da togliere, quindi ti suggerisce di mettere un coperchio sulla padella, che però non la copra del tutto: il pollo, così, frigge, ma non sporca.
(O sporca meno. E poi lui aggiunge che sta a casa sua e che quindi sporca quanto gli piace).
Ti dice che i coltelli sono la fissazione dello chef, che li lava personalmente e che non li fa toccare a nessuno.
Ti porta dentro un mondo in cui il cibo è davvero e finalmente comunicazione, gioia e conoscenza, celebrazione dell’Italia, in tutti i suoi mille campanili e in tutta la sua storia.
A parte in letteratura, non avevo mai incontrato nessuno che narrasse così bene la gioia di mangiare, bere e stare a tavola.
E di vivere.
Altro che psicologo.

Se digitate sulla barra di ricerca di Google Achille Lauro senza tatuaggi, vi esce fuori una fotina di quando era bambino.
Evidentemente i tatuaggi sono arrivati per tempo.

Lauro

A me lui piace molto.
Per prima cosa ha l’altezza che prediligo: cm 182, che mi stanno bene con e senza tacchi (sto parlando di me, non di lui).
Poi è bello, ha lineamenti regolari e, nel medesimo tempo, di carattere, naso pronunciato, bocca notevole.
Ma quello che apprezzo più in lui è il suo essere blasé, sempre un po’ malinconico (andrebbe portato dallo chef), distaccato da quello che ha intorno.
Ha fatto bene a comprarsi una Ferrari fiammeggiante.
(Me la sarei comprata anch’io).
Fa bene ad arrabbiarsi con tutti quelli che non lo capiscono, a prendersela perché il mondo è cattivo (è vero), perché se solo sei un artista, sei marginale (e vorrei vedere).
Fa bene a dire che lui è così perché è così, non perché è un’operazione di marketing.
Sufficientemente ambiguo (d’accordo: fluido) per piacere a maschi e femmine, seppure per motivi diversi, ce l’ha con gli uomini e con le donne, una equità commovente.
Certo è che quando ho visto la sua scrittura, qualche turbamento me l’ha trasmesso.

Non so niente di grafologia, però come tutti sono capace di distinguere una grafia femminile da una maschile; di capire se una persona è ordinata o caotica; se è andata a scuola; se è tranquilla o agitata; se è violenta o remissiva.
Ho letto e guardato bene.
Con l’ortografia, ci siamo.
Del resto la sua leggenda dice che ha fatto il liceo classico (fosse pure solo per tre mesi).
Ma è l’affollamento della parole scritte che si nota, lo spostamento tutto a destra, il tornare sui comunque pochi refusi calcando la mano.
Una prassi toccante, oggi che manco più le parole d’amore sono scritte a macchina.
Figuriamoci a mano.
Figuriamoci calcando.
E che cosa dice Lauro in questo scritto, reso noto e diffuso su Instagram.
Niente, le solite cose.
Che ce l’ha con gli uomini e con il testosterone, ce l’ha con il disprezzo che molti uomini dimostrano nei confronti delle donne.
Emoziona, addirittura più che per la sua inclinazione nei confronti della fiammeggiante Ferrari.

Beau Brummel, Lord

Lui, che dichiara di essere una signorina, a me comunque sembra altro.
Non lo metterei mai fra gli eleganti, avendo io sempre presente la definizione dell’eleganza secondo Lord Beau Brummel: tu attraversi tutta Londra e nessuno ti nota.

Difficile non notare Lauro.
E come fai.
Lui potrebbe stare nella categoria degli Incroyables, gli Incredibili, che sono difficili da definire, ma che escono fuori come protesta durante la Rivoluzione Francese.
Eleganti, eccentrici, accompagnati da donne che si definivano Merveilleuses, Meravigliose (per un periodo ho portato un profumo a loro intitolato),
sono durati poco, ma hanno ispirato tanto.

Incroyable

Ma Lauro lo metterei certamente nella categoria del dandy, e per motivi seri: soprattutto perché, di queste creature, geniali, lui ha la caratteristica fondamentale, così ben descritta da Baudelaire: «le dandy aspire à l’insensibilité».
Il dandy vuole essere insensibile.
Ovvero, è uno che non ama la passione.
Amabam amare, «amo appassionatamente la passione», diceva Sant’Agostino.
Il dandy, manco per niente. O, almeno, così vorrebbe farci credere.
Se poi, fosse solo con la sua grafia, così straziante, o con i suoi post, così intimi e offerti, questo dandy qui volesse dirci altro, a noi non resta che dimostrarci pronti all’ascolto.
E gioiosi e legati alla vita e aperti al vino tirato fuori dal frigorifero nella bottiglia gelata e versato nel calice, gelato anch’esso, mentre il pepe frigge nell’olio e tira fuori a sua volta tutti i suoi sapori.

Proprio come fa lo chef.
Che, a modo suo, ci dice come stare al mondo: aperti, sensibili a quello che arriva dall’esterno, soprattutto se siamo (siete) gioiosi, se sappiamo (sapete) sempre come cavarvela.
Perché dall’altra parte, al polo opposto, c’è quello intricato, complesso, che guida una Ferrari, ma che poi, stringi stringi, urla su un foglio scritto a mano e reso pubblico il suo bisogno di quel soffritto, di quel calice, di quella ricetta.

Di quell’accoglienza.

2 Comments

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  1. Grazie per avermi fatto conoscere lo chef Max Mariola e la sua energia. Tu lo hai descritto benissimo! Ho visto il video che hai proposto un po’ prima di pranzo e dopo non avevo più voglia di mangiare quello che avevo in tavola: volevo il suo piatto! Guarderò altre sue proposte. Un caro saluto! Rita

    • Rosella Gallo

      21 agosto 2021 — 19:00

      Un saluto a te, che cucini benissimo, e un saluto molto caro. La cosa più simpatica di oggi è stata il racconto del signore venuto da Rimini a Roma (mandato dalla moglie, che gli ha comprato il biglietto del treno e fatto la lista) per fare la spesa a Trionfale da Sandrino. Ho fatto una ricerchina: banco 16-18. Ci vado appena il mondo si rimette in marcia.
      Tu poi, che sei così vicina, non puoi non andare a dare un’occhiata.
      Poi mi racconti.

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