Mi sono comprata un paio di sandali.
Li ho comprati in internet.
Mi sono comprata un paio di sandali in internet perché li ho visti e mi sono piaciuti e mi è venuta voglia di indossarli.
Siccome non mi viene quasi mai voglia di calzature, una volta che mi viene voglia cerco di assecondarmi.
Pure di abiti non mi viene quasi mai voglia, praticamente vivo in uniforme, già ho il guardaroba pieno di roba che non indosso, mi sfuggono i motivi per cui dovrei comprarmene altra.
I sandali sono arrivati in una elegantissima confezione, con una bella scatola piena di carta velina nera e un sacchetto, made with organic cotton made in Italy, perfettamente rifinito, per metterli in valigia.
Ammesso che.
Il pacco è arrivato in garage e ho detto lo prendo dopo perché quella mattina avevo da fare con la bicicletta.
Quando ho preso il pacco e l’ho portato a casa, ho tardato ad aprirlo.
L’ho aperto nel pomeriggio, ho guardato i sandali, ho pensato che erano molto belli e li ho rimessi nella scatola.
Il giorno dopo, nel pomeriggio, li ho finalmente provati. Era venuta Marlena e aveva lavato tutti i pavimenti, quindi potevo farmi il giro di casa senza timore di sporcare le suole.
Ho fatto un giretto con i sandali nuovi che mi ero comprata, poi li ho rimessi nella scatola e mi sono messa a fare altro.
La mattina dopo ho fatto una rapida toletta e ho provato i sandali con i blue jeans con i bottoni, che sono cropped, cioè corti alla caviglia, quindi non facili da indossare per via delle scarpe, che devono essere quelle giuste.
La scorsa estate ero entrata nel bel negozio di Palais Royal a Parigi dicendo vorrei degli skinny.
La ragazza, orientale e graziosissima, aveva addosso i cropped e le stavano benissimo.
Gliel’ho detto.
Lei ha scosso la testa e ha detto che erano i più belli dell’ultima collezione, che nessun altro modello era bello come quello.
Mi ha detto di provarli, li ho provati e anche a me stavano benissimo.
Mi sono comprata i cropped e praticamente per tutto l’inverno ho indossato solo quelli.
Veramente li indosso anche adesso quando esco la sera perché sono i miei prediletti.
Allora mi sono guardata allo specchio e i sandali nuovi stavano bene anche con i cropped.
Ho rimesso i sandali nella scatola e mi sono messa a fare altro.
Il giorno dopo ho detto vedo un film in versione elegante e ho indossato i sandali nuovi.
Quando ho finito di vedere il film ho rimesso i sandali nella scatola.
Sto andando avanti così da un pezzo.
Il tempo per decidere se tenere i sandali o restituirli è di quindici giorni.
Il costo è rimborsato o sostituito con un credito.
Le spese di spedizione sono offerte per la Francia, da dove vengono i sandali, fatti, però, in Toscana, e per alcuni paesi europei.
Fra cui l’Italia.
Si manda una mail, loro ti fanno avere dalla piattaforma logistica un’etichetta di ritorno e devi solo portare il pacco all’ufficio postale più vicino.
Un po’ seccante, ma fattibile.
Sto dicendo che non c’è paragone con un negozio di scarpe.
Lasciamo perdere che in questi giorni mai mi sarebbe passato per la mente di andare in centro a vedere le vetrine e che non avrei trovato questa marca, dico solo che quando vai a comprarti un paio di scarpe al negozio hai circa cinque minuti per decidere e ci fai, se tutto va bene, un paio di passi.
Ormai mi ripeto che non c’è paragone per un sacco di altre cose.
Mettiamo che io fossi voluta andare qui a Roma all’Opera, al momento trasferita all’aperto, dove a me non piace ascoltare musica.
Lo diceva Toscanini, che all’aperto si gioca solo a bocce. E se lo diceva lui.
Avrei potuto prendere i biglietti in internet.
Però poi si sarebbe presentata tutta una serie di problemi.
Per esempio, come ci vai.
Mettiamo, con la metropolitana. Non dico che la stazione del teatro è stata chiusa otto mesi, dico che la metropolitana di sera a Roma è meglio non frequentarla, si riempie di ceffi da cani, casomai ti va pure di traverso la serata.
Allora, la macchina.
Che da qualche parte devi mettere, per esempio al parcheggio davanti alla Stazione Termini, dove però vive una comunità di spiantati che ti salta addosso appena ti vede chiedendoti dei soldi.
E se non glieli dai, chissà in che condizioni ritrovi la macchina.
A quel punto, considerato tutto, cominci a guardare con simpatia le edizioni della Traviata con la Callas che stanno tutte bene allineate nella libreria musica & film in salotto e che aspettano solo di essere inserite nel lettore per dare vita a una magia oggi difficilmente replicabile.
Forse sono cambiata io. Per anni mi è piaciuto moltissimo partire, vestirmi e andare all’opera dove l’opera la fanno, dai grandi teatri ai festival estivi.
O forse è cambiato il mondo e uno si domanda se davvero l’ipotesi di non tornare più alla vita di prima sia così catastrofica.
Anche perché nella vita di prima l’opera stava lì con tutti i suoi problemi.
Gli ultimi anni ho sempre fatto vacanze studio, sulle quali campavo poi professionalmente fino all’estate successiva.
Una vacanza studio la fai dove si studia, per quanto mi riguarda in una città in cui ci sono mostre e musei e posso imparare cose nuove da quelli che fanno il mio medesimo mestiere.
E in questa città mi fa piacere che si mangi e si beva bene, che ci siano bei negozi e alberghi suggestivi.
Non penso mai tanto in albergo ci dormi solo, per me l’albergo è il 50% del viaggio.
E qui c’è poco da fare, di città così al mondo ce n’è una sola.
E Parigi è stata di nuovo dichiarata zona rossa.
Sembra un film di fantascienza.
Certo, che mi dispiace non andarci. C’è anche la mostra di Tissot al Musée d’Orsay, me la sarei vista volentieri, d’accordo, ce n’è stata anche una a Roma abbastanza di recente, però, a giudicare dalle immagini che vedo e conoscendo le abitudini, tutta un’altra faccenda.
Ma posso studiare anche qui, c’è una quantità di roba continuamente messa in internet che fra un po’, così come ho smesso di andare in biblioteca, posso pure smettere di uscire dal mio studio.
E non mi secca questa chiusura di orizzonti. Per niente, anche perché a me, orizzonti così, sembrano aperti.
E come vedo tutte queste prospettive future, scarpe acquistate con un clic e provate per quindici giorni di seguito, teatro che sorge dallo stereo dentro casa mia, spostamenti azzerati, artisti che dispiegano i loro tesori su uno schermo (eppure dico sempre che l’opera d’arte va vista, anzi, che di essa si deve fare esperienza di persona).
Come vedo quello che è imminente.
E che ne so.
Al momento, io non so nemmeno se tengo o rimando indietro i sandali.